« Il saggio non accumula nulla. Più usa ciò che ha per gli altri, più ha. Più dà ciò che ha agli altri, più è ricco »

Dov'è il Tao?


Tung Cuozè chiese a Zhuāngzǐ : "Ciò che chiamate Tao dove si trova?"

Zhuāngzǐ rispose: "In ogni luogo".

"Dammi un esempio" disse Tung Cuozè".

"E' qui in questa formica".

Dammi un esempio più basso".

"E' in questa gramigna".

"Ancora più basso".

"E' in questo coccio".

"Più basso ancora!".

"E' in questo letame!".

Tung Cuozè restò in silenzio.

"La tua domanda, maestro mio", disse Zhuāngzǐ, "non tocca l'essenziale…nulla è fuori del Tao…

Cerca di peregrinare con me al castello di Nessunluogo, là dove tutto è uno. Là vorremo parlare di infinità. Cerca di venire con me nel Farnulla. Là è semplicità e silenzio, oblio e purezza, armonia e pace. Lo spirito è sciolto. Se va non sa dove. Va e torna, né sa dove si fermi. Avanti, indietro, senza meta. Si libra fuori dei limiti, dove la più gran conoscenza non trova confini.

Quegli che fa le cose ciò che sono non ha i limiti delle cose; limiti hanno le cose in quanto cose. Esso è il confine, esso è l'infinitezza dell'illimitato".

Chuang-Tzu



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Sii soltanto vuoto


Non essere un assegnatore di nomi, non essere un ricettacolo di proponimenti, non essere un assuntore di imprese, non essere un propugnatore di sapienza. Con la persona contieni tutto l'infinito e vaga nell'inapparente, dà fondo a tutto ciò che ricevi dal Cielo e non guardare al guadagno: sii soltanto vuoto.

Chuang-Tzu


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L'uomo sommo usa il cuore a mo' di specchio


Non favorisce e non avversa, riflette e non tiene. Perciò può eccellere sulle creature senza averne danno.

Chuang-Tzu

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Gli uomini sono come le montagne incappucciate di neve.


Soltanto da lontano si può apprezzarne la giusta altezza e l'immensa bellezza.

Proverbio cinese
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* Per imparare il bene non bastano mille giorni, per imparare il male un'ora è già troppa *

Proverbio cinese

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* Contese e lotte turbano la pace, solo il sonno restaura una breve età dell'oro *

Proverbio cinese
Gustave Klimt - Danae Danae fu fecondata nel sonno da Zeus, trasformatosi in pioggia d'oro. L'artista rinuncia alla consueta struttura verticale a favore di uno sviluppo ellittico. Infatti la donna è rappresentata rannicchiata in primo piano, ripiegata su sè stessa, avvolta in una forma circolare, che rimanda alla maternità e alla fertilità universale. Serenità e pace si leggono sul volto e nella posizione fetale della fanciulla. Danae diviene una fanciulla persa nel sonno e nella dimensione onirica, totalmente dimentica di sè... Il corpo completamente abbandonato di Danae è circondato e ricoperto dai capelli, da un velo orientaleggiante e sulla sinistra da una pioggia d'oro. Nello scroscio della pioggia d'oro, che riecheggia di preziosismi bizantini, Klimt aggiunge un simbolo, un rettangolo verticale nero, che rappresenta il principio maschile.

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Chi pratica il Tao (Tao, in cinese, vuol dire "la via") non ha che da essere in pace con se stesso, perché...


Senza uscire dalla porta

Conosce tutto quel che c'è da conoscere

Senza guardare dalla finestra

Vede le vie del cielo

Perché più lontano si va

Meno si capisce

Il Saggio arriva senza partire

Vede senza guardare

Fa senza fare.


dal libro "Un altro giro di giostra. Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo" di Tiziano Terzani



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Il Coniglio della Luna


C'era una volta, in una foresta, una radura nella quale venivano spesso dei santi uomini a meditare. In essa c’era anche un meraviglioso giardino con frutti e fiori, tenere erbe, e le acque increspate di uno splendente ruscello. In questo piccolo paradiso viveva un coniglio le cui virtù offuscavano quelle di tutti gli altri esseri viventi. Una sera il Buddha, accompagnato da parecchi dei suoi discepoli, venne al giardino. Sedettero ai suoi piedi e ascoltarono la sua recita dei sutra. Così passarono una notte e un giorno fino a che il sole cocente fu alto nel cielo e le cicale si misero a cantare. Era il momento in cui ogni creatura cercava l’ombra e ogni viaggiatore soffriva per il caldo. Buddha assunse l’aspetto di un bramino e gridò con dolore: «Sono solo, i miei amici mi hanno abbandonato e io ho fame e sete. Credenti, venite e aiutatemi!». I piccoli animali della foresta sentirono il suo richiamo e uno dopo l’altro si affrettarono al suo fianco. Essi lo pregarono di rimanere e accettare la loro ospitalità. La lontra portò sette pesci e disse: «Prendi questi e stai con noi.» Lo sciacallo portò parte della sua preda e chiese al Buddha di onorarli con la sua presenza ed essere il loro insegnante. Quindi venne il turno del coniglio. Modestamente fece un passo avanti, le mani vuote. «Maestro! Io sono cresciuto nei boschi. Il mio cibo sono le erbe. Non ho altro da offrirti se non il mio corpo. Dacci la benedizione e riposa qui, e lascia che io ti nutra delle mie carni, poiché non c’è altro che io possa darti.». Proprio in quel momento scorse del carbone magico, carbone che bruciava senza fumo. Quando stava per saltare nelle fiamme, si fermò improvvisamente e tolse i minuscoli insetti dalla pelliccia dicendo: «Posso dare il mio corpo al santo, ma non ho diritto di prendere le vostre vite.» Posando gli insetti delicatamente sul terreno il coniglio si gettò sul fuoco. Buddha riprese la sua forma e lodò il sacrificio: «Colui che dimentica se stesso, anche la più modesta di tutte le creature terrestri, raggiungerà l’Oceano della Pace Eterna! Tutti gli uomini dovrebbero imparare da lui ed essere ugualmente pietosi e servizievoli!» Buddha dette poi istruzione che le sembianze del coniglio adornassero la luna e rimanere così uno splendido esempio per sempre. E grazie al loro santo amico, tutti gli animali nella foresta furono posti nel mondo dei santi.

Il taoismo adottò il Coniglio della Luna insieme a molti altri concetti che si originarono nel Buddhismo. Essi lo chiamarono il Coniglio di Giada e lo dipinsero con le zampe anteriori corte, quelle posteriori lunghe e la coda corta. Si dice che si trovi sotto un albero di cassia magico sulla luna fabbricando pillole dell’immortalità, anche conosciute come l’elisir di giada.


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«Il mio cuore brucia come il fuoco ma i miei occhi sono freddi come ceneri morte»


Soyen Shaku, il primo insegnante di Zen ad andare in America, stabilì le seguenti norme, che mise in pratica ogni giorno della sua vita:

  • La mattina, prima di vestirti, brucia dell'incenso e medita.
  • Coricati sempre alla stessa ora.
  • Nutriti a intervalli regolari.
  • Mangia con moderazione e mai a sazietà̀.
  • Ricevi un ospite con lo stesso atteggiamento che hai quando sei solo.
  • Da solo, conserva lo stesso atteggiamento che hai nel ricevere ospiti.
  • Bada a quello che dici, e qualunque cosa tu dica, mettila in pratica.
  • Quando si presenta un'occasione non lasciartela scappare, ma prima di agire pensaci due volte.
  • Non rimpiangere il passato. Guarda al futuro.
  • Abbi l'atteggiamento intrepido di un eroe e il cuore tenero di un bambino.
  • Non appena vai a letto, dormi come se quello fosse il tuo ultimo sonno.
  • Non appena ti svegli, lascia subito il letto dietro di te come se avessi gettato via un paio di scarpe vecchie.

(da 101 Storie Zen)


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I CHING - IL LIBRO DEI MUTAMENTI - La pietra angolare della filosofia cinese


Appare un attimo di instabilità mentale in coloro che percorrono il sentiero, quando essi giungono a contatto con certe affermazioni spirituali, lette e studiate nei testi-guida storici dell'uomo, quali: "Tutto è fugace! Tutto è in movimento perenne. Nulla può fissarsi a lungo nel tempo e nello spazio. Di conseguenza, non affezionarti alle tue esperienze esistenziali: esse non sono fini a sè stesse".
Noi riteniamo che sia necessario un chiarimento a proposito. Per iniziare, quindi, affrontiamo i concetti basilari di quello che rappresenta uno dei Monumenti al Pensiero umano: il Libro dei Mutamenti. Esistono due Scuole di pensiero, in riferimento al Testo. Alcuni, pur riconoscendone la vetusta antichità di circa 5.000 anni, affermano che i concetti che sono contenuti in esso vennero, mano a mano, a stratificarsi, lungo i secoli, grazie all'intervento di pensatori diversi. Altri si attengono alla tradizione cinese, che sostiene l'esistenza di un leggendario imperatore celeste, Fu-Hi, compagno di Ni-Kua, la Madre Santa dei Cieli, il quale regnò tra gli uomini appena essi si sparsero sulla terra. Egli formò con la Madre Santa la prima coppia primordiale della mitologia cinese. Fu-Hi ricavò il metodo dei trigrammi, cinquemila anni fa e la relativa divinazione con i gambi di achillea. Sotto la dinastia degli Hia (verso il 2.000 a.C.) e sotto quella dei Chang (1.750-1.150 a.C.) i trigrammi vennero uniti due a due, per ottenere sistemi più complessi e, forse, furono, proprio allora, associati per formare le sessantaquattro combinazioni possibili. La tradizione riconosce al re Wen, appartenente alla dinastia del Tcheu, il collegamento di questi sessantaquattro segni così come sono giunti a noi. Egli avrebbe realizzato ciò nel 1092-1090 a.C., quando era prigioniero del tiranno Chu-Hsin; e sarebbe anche l'autore dei brevi "giudizi" che accompagnano ogni esagramma. Il testo relativo al significato divinatorio dei tratti viene attribuito a suo figlio, il duca di Tcheu. Confucio, infine, dopo avere esercitato numerose funzioni nell'amministrazione di parecchi stati e dopo avere molto viaggiato, passò il resto della sua vita, circondato da discepoli, insegnando la sua dottrina e studiando I King, a cui aggiunse i "Commentari". Questa, la necessaria sintesi storica che riguarda la nascita e lo sviluppo del Libro dei Mutamenti. Ma parliamo della fondamentale importanza dei suoi concetti base; e descriviamoli. La prima distinzione che occorre fare è che il Pensiero Cinese riconosce una sola realtà, composta da una serie variegata di aspetti; ognuno dei quali ha il medesimo ritmo ed il medesimo tono di valore cosmico, sia che si manifesti come pensiero, energia, materia, situazione, uomo, o altro. Ciò indica il prevalere, in questa filosofia, di un eterno presente, ove l'azione ed il risultato siano, in un certo senso, due aspetti implicitamente connessi di una medesima espressione. Comprendere la natura di codesto ragionamento permette di eliminare le illusioni del passato e del presente, e mostra il ferreo, matematico legame di ogni causa ad un relativo, implicito suo concatenamento. In effetti, la Cina indica, in tal modo, la padronanza filosofica del concetto di monismo, tanto dibattuto nei tempi odierni. Immaginiamoci, quindi, una ruota in veloce movimento. Il mozzo della stessa sarà praticamente immobile; i raggi, quasi invisibili per la velocità impressa dal centro. Ecco la visualizzazione che la filosofia cinese ha dell'esistenza. Il mozzo rappresenta la causa innata della vita manifesta; l'increazione; il caos primigenio; l'origine; l'eterno presente, privo di confini. Il Pre-Cielo. E il Tutto-Uno. I raggi sono, invece, il mondo della manifestazione provocata; gli effetti di ogni spinta all'azione; la molteplicità evidente del tempo e dello spazio. Il Post-Cielo. Tutto è in continuo movimento. Ma, mentre la natura del Post-Cielo rappresenta, in qualche modo sottile, una sovrapposizione costante, e sempre cangiante al Pre-Cielo, quest'ultimo permane la matrice incausata di ogni cosa. In natura, nessuno ha provocato l'esistere dei novanta elementi che compongono ogni cosa tangibile e visibile. I nuclei e gli elettroni degli atomi si aggregano e, a seconda del rapporto numerico che esiste tra di essi, producono uno degli elementi. Così, nel caos primigenio esiste un ritmo rituale innato che, secondo il Pensiero Cinese, predispone la musicalità espressiva e manifesta della vita. Questo mozzo della ruota esistenziale, nel suo aspetto di Pre-Cielo, produce un movimento costante, scandito da un ritmo eterno ed immutabile, da cui si frammenta una predisposizione di elementi matematici e cosmici, che costituiscono l'intelaiatura della molteplicità universale, rappresentata dai raggi della ruota stessa. A differenza, quindi, del buon senso comune occidentale, il Libro dei Mutamenti vede nel caos primigenio l'unico ordinamento armonico delle cose; mentre, nel successivo ordine costituito del manifesto riconosce un' instabilità essenziale. La "fugacità delle cose" , di conseguenza, riflette - secondo I King - l'aspetto non permanente della natura; quello che nasce e muore, che ha un'origine ed una fine. Non sicuramente l'archetipo delle armoniche innate interiori, che fa parte dell'essenza assoluta delle cose. Esiste, quindi, il Tao (il "mozzo della ruota"). Di Esso viene detto: "Chi parla (del Tao) non (lo) conosce e colui che (lo) conosce non (ne) parla".
"Il Tao (Via) che può venire espresso in parole non è il vero Tao". Un'altra illusione è, perciò, il continuo tentativo di confrontare la nostra natura divina (Tao) con quella relativa. Sarebbe come se conoscessimo (o potessimo, in futuro, conoscere) il Tao medesimo. Vivere pienamente il dharma (dovere dell'immanente) è quanto provoca la gioia eterna e lo sviluppo della vera musicalità di ogni possibile perfezione formale. La mutazione (i raggi della ruota) è la prima espressione del Tao. Ogni singola cosa, o sta per entrare nell'esistenza, nello sviluppo, nella decadenza, o sta per uscirne. La divinazione dei I King - come si comprenderà meglio tra poco - non è, quindi, magia, ma il calcolo della tendenza generale delle cose e del loro evento. La mutazione (il movimento eterno) sorge dall'interazione degli aspetti complementari di T'ai Chi: Yang e Yin.Yang: cielo, attivo, positivo, mascolino, fermo, solido, forte, chiaro, ecc..Yin: terra, passiva, negativa, femminile, debole, scura, ecc.. Parallelamente a T'ai Chi, il centro delle cose, vi è un principio non infinito e quindi senza centro: il Tao, la strada. Ed ecco il momento di paragonare la scala dei nostri 90 elementi innati in natura a quelli che si manifestano dal caos primigenio, e sui quali è basato tutto il sistema del calcolo generale delle cose e degli eventi che deriva dai I King. Dall'Uno (intraducibile in essenza, ma esistente numericamente) emana il Due (la polarità eterna delle cose): il primo trigramma.
I trigrammi sono otto: questo è il numero massimo che può essere formato con due soli tipi di linea (Yin e Yang). Il raddoppio dei trigrammi, con i rapporti tra di essi, tra le linee, tra le posizioni delle linee; con l'analisi dei cosiddetti trigrammi nucleari porta al dispiego di un risultato geometrico e matematico, in cui sono compresi tutti i possibili intrecci e tutte le situazioni di base dell'espressione vitale. Ogni cosa esiste nell'eterno presente. Ogni sviluppo è celato in un "gomitolo" potenziale, non certo futuro, ma ancora estraneo alla coscienza dell'ente che agisce. Ed ogni aspetto del tutto, per quanto minimo possa apparire, fa parte - come dicemmo all'inizio dell'articolo - della (uno dei significati dei termini di I King). Qualsiasi atto, per quanto apparentemente casuale e banale, da una parte s'immerge in una natura solare ed assoluta (il mozzo della ruota) dell'essere; dall'altra, si sincronizza con le leggi e regole della rete di vita di cui fa parte, proponendosi come il rivelatore di un più ampio aspetto di sè stesso. Il famoso psicanalista C.G. Jung (che scrisse la prefazione al testo dei I King di Wilhelm) affermò, in proposito che "..Qualsiasi cosa accada in un dato momento è legata all'intera situazione universale prevalente in quel momento stesso". E chiamò tale principio: sincronicità. Non nascondiamo ai lettori (come è esplicitamente affermato da molti illuminati studiosi) che il metodo delle monetine, o quello degli steli di millefoglie, adoperati nel calcolo delle previsioni, è semplicemente uno stabile binario utile a ricavare una lista di linee spezzate, o intere, che comporranno l'esagramma finale della consultazione. Non esiste alcunchè di magico in tutto ciò. Tuttavia, verrà creata un'azione che inserirà l'attore, in piena consapevolezza, nell'analisi cosciente della sua rete di vita universale, cogliendone un attimo preciso. Sarà grazie all'aiuto del Libro dei Mutamenti che il consultante potrà risalire ai significati viventi della risposta, chiarendo a sè medesimo in quale punto esatto di sincronia, con un'azione positiva o negativa, egli si trovi. La natura stessa del meccanismo cosmico, che è movimento costante ed assoluto, permette, inoltre, a I King di indicare quali vie si mostrino a colui che è prigioniero di una situazione errata e problematica. Il Libro dei Mutamenti appartiene al ristretto numero dei Testi Sacri planetari, che contengono "in nuce" l'intera verità delle cose. Si dice che Confucio avesse consunto i legacci di cuoio che ne proteggevano la copia, a forza di aprirlo e richiuderlo, per i suoi studi. Egli affermò che se avesse potuto aggiungere 50 anni alla sua vita, li avrebbe dedicati esclusivamente all'approfondimento dell'Illuminato volume. (Guido Da Todi)


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TENERE IN PREGIO LA VITA - TAO TE CHING - L


Nascere = uscire dal tutto.

Morire = rientrare nel tutto.

La vita è una discesa nella manifestazione (spazio – tempo) una esperienza del Sé che va considerata in un’ottica non miope altrimenti ci si ritrova immersi completamente nella illusione “maia” e si perde la dimensione della Realtà. Dalla traduzione del Duyvendak e da quella del Lanciotti pare evidente più probabile l’interpretazione 3 su dieci anziché 13 come dice Evola:



"Entrar nella vita è un volgere verso la morte.

Sull'uomo agiscono tredici cause di vita e tredici cause di morte: ora le tredici cause di vita lo precipitano alla morte. Perchè? Per il potenziamento eccessivo della vita."





Questo favorisce il discorso cabalistico infatti le 3 colonne dell’albero sono chiaramente rappresentate dalla divisione seguente: 3 danno la vita = colonna di Chockmah, 3 la morte = colonna di Binah, 3 mediano = colonna centrale. Questa terza colonna ci porta al trapasso = (trascendere) le altre 2, vita – morte.

Ancora dal Sepher Yetzirah ci riportiamo alla attribuzione (par. 10) delle tre lettere madri ebraiche:



SHIN ALEPH MEM

Vita Mediazione Morte

Fuoco Aria Acqua Terra

Triangolo1 triangolo 2 triangolo 3 . (punto) 

Atziluth Briah Yetzirah Assiah



3/3/3, uno solo emerge da questa triplice divisione (decimazione), uno che è la quint’essenza, il Kether, lo 0.

9 numeri si occupano della manifestazione, proliferazione, l’(1)0 si reintegra. Questo può avvenire perché non è: (così ha buona presa sulla vita), non incontra, non porta, in lui non c’è posto… In lui non c’è più luogo di trapasso (è già trapassato) nulla da trascendere, è già trasceso…

Commento a cura di J.J.L. Duyvendak


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Per quanto possano essere profondi gli abissi in cui nuotano


i pesci possono pur sempre essere pescati e per quanto alti volino nei cieli, gli uccelli possono pur sempre essere colpiti. Ma quello che si cela nel profondo dell'animo umano è inafferrabile.

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* A ogni singolo filo d'erba è destinata almeno una goccia di rugiada *


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Se ci sono molti lupi, gli uomini vengono mangiati


Se ci sono molti uomini, sono i lupi ad essere mangiati.
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Chi non ha apprezzato il suo maestro né la sua lezione


un giorno sarà forse colto, ma non sarà mai saggio.


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Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno.


Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.


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* Colpisci te stesso prima, per capire il dolore che daresti. *

Proverbio cinese

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* Chi pianta alberi sappia che altri ne godranno l'ombra. *

Proverbio cinese

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* Chi onora gli dei nella malattia, in salute li dimenticherà. *


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Meditazione sulla vacuità


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Lo Zen e l’Arte della Sofferenza


Il giovane Kyo, dopo aver a lungo camminato, arrivò al piccolo tempio del Maestro Shen. Lo vide da lontanto, immobile a guardare il piccolo stagno di carpe. Kyo si avvicinò prima lentamente e poi quasi correndo, buttandosi a terra a qualche metro, con la testa china al suolo, iniziò a presentarsi ma col fiatone non riuscì a farsi capire dal vecchio Shen. Il Maestro senza girarsi disse: “Vieni qui accanto a guardare le carpe”. Kyo si alzò, ricomponendosi velocemente, e insieme guardarono lo stagno in silenzio.

Il Maestro disse: “Cosa sei venuto a cercare quassù?”. Kyo rispose: “Ho una sofferenza che mi lacera il cuore, non riesco più a vivere e non so come potermene liberare”. Shen scosse la testa molto lentamente dicendo: “Sei quindi salito fino a qui per poterla buttare giù a valle?”. Kyo rispose: “Non si prenda gioco di me Maestro, sono venuto qui perchè vorrei imparare da lei come potermi liberare dal mio tormento”.

Shen disse: “Per quale motivo vuoi soffrire?”. Kyo rispose: “Ma io non voglio soffrire, sono venuto qui perchè non voglio più soffrire! La mia amata JinMei mi ha abbandonato un anno fa, dicendomi che anche se lei mi amava i suoi genitori non avrebbero acconsentito mai al nostro matrimonio, ma io so che non era vero, e questo mi distrugge”.

Il Maestro distolse lo sguardo dallo stagno, fissando il giovane negli occhi disse: “Kyo io ti amo però i miei genitori non acconsentirebbero mai al nostro matrimonio, dobbiamo quindi lasciarci”. Il giovane restò immobile a guardare i suoi piccoli occhi, senza dire una parola, mentre il vecchio Shen rimaneva serio, anche se qualcosa nei suoi occhi sembrava ridere rumorosamente.

Kyo disse quindi: “Maestro… non è la stessa cosa!”. Shen rispose: “Ti assicuro che anche io stavo mentendo”. E mentre lo diceva si alzò lentamente in piedi, dirigendosi verso casa. Kyo restò incantato a fissare le carpe, sapendo che qualche particolare gli era sfuggito, dopo poco si affrettò a raggiungere il Maestro. Shen entrò nel piccolo portico della sua modesta abitazione, tolse i sandali e iniziò a cercare qualcosa in una cesta, ne tirò fuori una piccola biglia di vetro, al cui interno si poteva notare un piccolo puntino nero. Il giovane attendeva sul portico, senza osare chiedere di entrare.

Shen tornò sul portico, consegnando la biglia al ragazzo. E disse: “La sofferenza è un semplice mistero, una parte la puoi vedere ma non la vuoi capire, una parte la vuoi capire ma non la puoi vedere” - e aggiunse - “Immagina che la tua sofferenza sia come questa biglia, anche se ora la guardi non riesci a vedere che il suo esterno, ma quel puntino nero che c’è al centro è troppo piccolo perchè possa essere compreso, eppure quel puntino è un ideogramma e ha un significato”.

Kyo fissava la biglia al sole, cercando di leggere l’ideogramma, e poi chiese: “Come potrà questa biglia aiutarmi?”. Il Maestro prese una palla di impasto che aveva a portata di mano, prese la biglia dalle mani di Kyo e la inserì al centro di questa palla di impasto. La diede nuovamente a Kyo e disse: “Vai alla fontana, prendi un sorso d’acqua e ingoiala, ti aiuterà a comprendere”. Kyo cercò di capire se il vecchio lo stesse nuovamente prendendo in giro, esitò qualche istante poi si diresse alla fontana per inghiottire la palla contenente la biglia.

Shen intanto si era rimesso i sandali, al ritorno di Kyo disse: “Quel medaglione che hai al collo ha delle iscrizioni adeguate a una donna”. Kyo subito rispose: “Questo medaglione non è mio è di JinMei, è l’unico ricordo che ho del nostro amore”. Shen sorrise, in modo molto lento, quasi stanco: “Andiamo al lago, portiamo il tuo amore a fare una passeggiata”. E si incamminarono per i sentieri che conducevano a un lago non lontano.

Arrivati sul posto il Maestro prese una piccola barca, traghettò quindi Kyo al centro del lago e disse: “Secondo te questo è il centro del lago?”. E il giovane: “Sicuramente si”. Aggiunse il maestro: “Da cosa lo noti?”. Il giovane guardandosi intorno disse: “La distanza da quegli alberi su quella riva e da quei massi mi sembra proprio la stessa, è sicuramente il centro del lago”. Shen lentamente prese il medaglione dal collo di Kyo e lo gettò in acqua, mentre Kyo rimaneva immobile e sconcertato.

“Maestro ma cosa avete fatto! Avete gettato via il mio medaglione!”, disse il giovane. Shen ridendo disse: “Non era certo il tuo medaglione, come non era il mio medaglione, potrebbe lamentarsi JinMei semmai”. Kyo intanto cercava di guardare nell’acqua per vedere il medaglione, mentre Shen aggiunse: “Se ci tieni tanto puoi sempre tuffarti e riprenderlo”. Kyo non se lo fece dire due volte, si tolse i vestiti e si gettò in acqua.

Shen ammirava le cime in lontananza e la distesa di alberi e rami in ogni direzione, mentre la testa di Kyo sbucava ogni tanto dall’acqua per riprendere fiato e tornare a immergersi, e continuò per ore, fino a che il giovane stremato non tornò sulla barca. Tremante di freddo ed esausto disse: “Non ce la posso fare, è troppo profondo”. Shen disse: “E' al centro del lago, da lì non si sposta, domani potrai riprovare”. Tornarono al tempio in silenzio, e davanti al fuoco consumarono una cena leggera. Il giovane si addormentò senza nemmeno rendersene conto.

La mattina seguente Kyo si svegliò e del Maestro non c’era traccia, si preparò del tè caldo e subito dopo si diresse nei boschi, per sbrigare le faccende che il corpo comanda. Ritrovò la biglia e, imbarazzato, la prese con alcune foglie, correndo alla fontana per ripulirla. Si diresse quindi nuovamente al tempio e vide che il Maestro era ancora seduto a contemplare lo stagno di carpe.

Kyo imbarazzato si sedette di fianco e disse: “Ho trovato nuovamente la biglia, Maestro, non sapevo se potesse servirvi”. Shen disse: “L’hai guardata?”. Kyo disse: “Si”. Shen disse: “Ti è sembrata diversa?”. “No, era identica a prima, ma volevo sapere cosa farne” disse Kyo. 

Il maestro scosse la testa: “A me di certo non serve, se non serve nemmeno a te gettala pure via”. Kyo guardò la biglia per qualche altro istante e disse: “Ma perchè me l’avete fatta mangiare se non mi serve?”. Shen rispose: “Sei tu che dici che non ti serve, e sei tu che l’hai mangiata, io di certo non ti ho costretto”. Kyo, iniziando ad alterarsi disse: “Ma io l’ho mangiata perchè pensavo servisse a qualcosa, non l’avrei certo inghiottita di mia iniziativa”. 

Shen sospirò: “Forse il soffrire per quella ragazza ti è stato imposto? Dici di volerti liberare di quel dolore ma sei tu stesso che hai deciso di mettere la sofferenza dentro di te, se vuoi buttarlo via non devi fare altro che permettere a quel dolore di abbandonare il tuo corpo, lo vedrai come quella biglia, identico a prima, ma non più dentro il tuo corpo ma fuori di esso”. 

Kyo disse: “Io non so come fare”. Il Maestro Shen disse: “Resterai qui con me, come mio allievo, ogni giorno se soffrirai ancora andrai al lago a recuperare il medaglione". Kyo annuì, confuso ma sollevato. Passarono i mesi, ogni giorno il giovane si alzava e andava al lago, i primi tempi tornava al tempio esausto dopo qualche ora, con il passare dei giorni faceva ritorno sempre più tardi, sempre più esausto. Una sera torno al tempio che era già notte, e il Maestro disse: “Oggi hai recuperato il medaglione?”. 

Kyo, sconvolto dalla stanchezza, si mise seduto accanto al fuoco e disse: “No, maestro, ho tentato tutto il giorno, dall’alba fino alle ultime luci del tramonto, ma non sono riuscito a raggiungere il fondo”. Il Maestro disse: “Potevi iniziare prima o finire dopo?”. “No, non potevo”, disse Kyo. 

Il Maestro accese una piccola pipa di bambù e disse: “Si soffre fino a che non si è abbastanza stanchi di soffrire, per questo bisogna soffrire a fondo, completamente, in modo da esaurire la sofferenza e poterla buttare via.” Aspirò lentamente dalla pipa e aggiunse: “Una parte di sofferenza la puoi smaltire, la puoi assorbire, ma c’è una parte che resterà sempre dentro di te, a meno che tu non ti sia stancato di soffrire, è come quella palla di impasto con la biglia al centro, tu puoi digerire quello che il tuo organismo conosce e può assimilare, il resto se non lo butti fuori resterà a pesare dentro di te, senza poter mai fare parte del tuo organismo. Non sei stanco di rincorrere quel fondo del lago che nemmeno vedi per riprendere qualcosa che non è nemmeno tuo?”. 

Kyo stava per rispondere, rimase con la bocca aperta, senza che le parole uscissero dalle sue labbra, e poi disse: “Si Maestro, sono stanco”. Shen annuì e disse: “Hai sofferto come dovevi, soffrendo hai imparato a soffrire sempre di più, ora che sai soffrire completamente, puoi essere davvero stanco”.

Kyo disse: “Sono però sicuro che mi mancherà JinMei”. Shen disse: “Ti mancherà il miele che prendevi da quella mensola in alto, aiutato da lei che ti sollevava quel tanto da permetterti di raggiungerlo, con il tempo prenderai da solo quel miele e ne cercherai uno ancora più in alto”. Kyo disse: “Nel senso che mi manca quello che io ero quando ero con lei?”. Shen sorrise, e aggiunse: “Domani mattina faremo colazione insieme, poi partirai per la città, i nodi che hai portato quassù sono sciolti e quelle corde in questo luogo non hanno la loro migliore applicazione”. 

Kyo inchinò il capo, e iniziarono a cenare in silenzio. Alla fine della cena Kyo chiese: “Maestro, cosa c’era scritto dentro alla biglia di vetro?”. Il Maestro rispose: “C’era scritto ‘forse’”. Kyo disse: “Ho capito, significa che sono i dubbi, le domande e le ipotesi che ci facciamo a rallentare l’abbandono del dolore?”. Shen sorrise, e disse: “Forse”. Sorrisero e si misero a dormire.

La mattina successiva, pronto per la partenza Kyo esitò un istante e poi si rivolse al vecchio Shen dicendo: “Non so come ringraziarla, vorrei poter restare qui ancora per aiutarla nelle molte faccende che deve sbrigare ogni giorno”. Shen sorrise e disse: “Come ti ho detto i miei genitori non permetterebbero mai questa unione, dobbiamo quindi lasciarci”. Kyo sorrise e fece un inchino, si voltò e ritornò a vivere.



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Conoscenza universale


Colui che divide il proprio sapere e lo discute con gli altri, ottiene una conoscenza universale serena. Povero invece chi pensa di sapere e tiene per sé. Perché così percorre la strada senza sbocco della limitazione.


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* Per vedere chiaramente la nostra immagine, dobbiamo solamente pulire lo specchio. *



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Nam Myoho Renge Kyo

Questo è il Sutra del Loto memorizzato, recitato e cantato da alcuni monaci buddisti occidentali. Il Sutra del Loto è ampiamente considerato come l'insegnamento più sacro del Buddha. L'uso del canto in questo video autorizzata dall'autore Nikko Hansen.

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* La danza è una poesia dove ogni movimento è una parola. *

Ilir Shaqiri
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Lotus Dance


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La Cerimonia del tè - Cha no yu (茶の湯, "acqua calda per il tè")


« Il cuore della Cerimonia del tè consiste nel preparare una deliziosa tazza di tè; disporre il carbone in modo che riscaldi l'acqua; sistemare i fiori come fossero nel giardino; in estate, proporre il freddo; in inverno, il caldo; fare tutto prima del tempo; preparare per la pioggia e dare a coloro con cui ti trovi ogni considerazione »

Sen no Rikyū


Il Cha no yu (茶の湯, "acqua calda per il tè"), conosciuto in Occidente anche come Cerimonia del tè è un rito sociale e spirituale praticato in Giappone, indicato anche come Chadō o Sadō, (茶道, Via del tè). È una delle arti tradizionali zen più note. Codificata in maniera definitiva alla fine del '500 dal monaco buddhista zen Sen no Rikyū (千利休, 1522-1591), maestro del tè di Oda Nobunaga (織田信長, 1534-1582) e successivamente di Toyotomi Hideyoshi (豊臣秀吉, 1536-1598) . Il Cha no yu di Sen no Rikyū, riprende la tradizione fondata dai monaci zen Murata Shukō (村田珠光, 1423-1502) e Takeno Jōō (武野紹鴎, 1502-1555), e si basa sulla concezione del wabi-cha (侘茶). 


Questa cerimonia e pratica spirituale può essere svolta secondo stili diversi ed in forme diverse. A seconda delle stagioni cambia la collocazione del bollitore (釜 kama): in autunno e inverno posto in una buca di forma quadrata (爐, ro, fornace), ricavata in uno dei tatami (畳) che formano il pavimento, in primavera ed estate in un braciere (furo, 風爐) appoggiato sul tatami. La forma più complessa e lunga (茶事, chaji) consiste in un pasto in stile kaiseki (懐石), nel servizio di tè denso (濃茶, koicha) e in quello di tè leggero (薄茶, usucha)[1]. In tutti i casi si usa, in varie quantità, il matcha (抹茶), tè verde polverizzato, che viene mescolato all'acqua calda con l'apposito frullino di bambù (茶筅, chasen). Quindi la bevanda che ne risulta non è un'infusione ma una sospensione, cioè la polvere di tè viene consumata insieme all'acqua. Per questo motivo e per il fatto che il matcha viene prodotto utilizzando germogli terminali della pianta, la bevanda ha un effetto notevolmente eccitante. Infatti veniva utilizzata, e ancora lo è, dai monaci Zen, per rimanere svegli durante le pratiche meditative (zazen, 坐禅). Il tè leggero usucha, a seguito dello sbattimento dell'acqua col frullino durante la preparazione, si ricopre di una sottile schiuma di una tonalità particolarmente piacevole e che si intona coi colori della tazza. 




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* L'amicizia e l'amore non si chiedono come l'acqua, ma si offrono come il tè. *


Precetto cinese


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Centinaia di fiori in primavera, la luna in autunno, la brezza fresca d'estate, la neve in inverno.


Se non occupi la tua mente in inutili cose, ogni stagione è per te una buona stagione.

Wu-men


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* Il Tao che si può definire a parole non è il vero Tao. *


Lao-Tzu

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Gli uomini hanno paura di abbandonare le loro menti


Perchè temono di precipitare nel vuoto senza potersi arrestare. Non sanno che il vuoto non è veramente vuoto, perchè è il regno della Via autentica.

Huang-po


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* Pensa al non-pensiero. Come si fa a pensare al non-pensiero? Non pensando. *


Dogen

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"Giusto" e "sbagliato" sono solo pastoie per asini.


Detto Zen
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* Sapere cosa è giusto e non farlo è codardia. *


Confucio
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* Sapere di non sapere è la cosa migliore.


Fingere di sapere quando non si sa è una malattia. *

Lao Tzu

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* La pazienza è potere: con il tempo e la pazienza, il gelso si tramuta in seta. *


Proverbio cinese
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In un paese ben governato la povertà è qualcosa di cui ci si deve vergognare.


In un paese ben governato, è vergognosa la ricchezza.

Confucio
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* L'arte di essere felice pur essendo poveri si riassume tutta in una frase: potrebbe andar peggio. *


Li Li Weng
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